La zeppola di San Giuseppe. Ecco il corso on line gratuito per imparare a farla!
Quale miglior modo di celebrare la Festa del Papà se non gustando una fragrante zeppola di San Giuseppe ripiena di squisita crema pasticcera?
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Un guscio di pasta bignè fritta custodisce una densa crema pasticcera, su cui poggia un’amarena sciroppata a conferire una nota acidula. Profondamente radicate nella tradizione napoletana, le zeppole di San Giuseppe sono un vanto della pasticceria italiana che ha conquistato, nel tempo, tutta la penisola.La prima ricetta ufficiale del dolce si trova proprio nel Trattato di Cucina Teorico-Pratico del celebre gastronomo Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino che nel 1837 la trascrisse in lingua napoletana. Da qui l’attribuzione della paternità delle zeppole di San Giuseppe alla città di Napoli. La ricetta della zeppola classica suggerita dal Cavalcanti è molto semplice e prevede l’utilizzo di pochi ingredienti: farina, acqua, un po’ di liquore d’anice, marsala o vino bianco, sale, zucchero e olio per friggere. Nonostante la prima stesura della ricetta sia del 1837, le zeppole esistevano già da secoli.
Zeppole di San Giuseppe, le leggende sull’origine
Come spesso succede, anche l’origine delle zeppole di San Giuseppe è avvolta nella leggenda. In questo caso, poi, le leggende che si tramandano sono ben due. La prima, di natura cristiana, farebbe risalire la nascita delle zeppole alla fuga in Egitto della Sacra famiglia. Si racconta che San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, affiancò al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle, divenendo così il patrono di tutti i ‘frittaroli’. E sembrerebbe che a Napoli, ad un certo punto, per devozione al Santo, si sia sviluppata la tradizione degli zeppolari di strada. Per i vicoli del centro storico di Napoli era infatti facile incontrarli con i loro banchetti posti davanti alle botteghe dove vendevano le zeppole appena fritte nell’olio bollente.
Una seconda leggenda, invece, ci allontanerebbe da Napoli per condurci a Roma, durante le celebrazioni delle Liberalia (feste organizzate dai romani in onore delle divinità del vino e del grano). Durante queste feste, che si celebravano il 17 marzo, per omaggiare Bacco e Sileno (suo precettore e compagno di baccanali) si bevevano litri di vino e ambrosia accompagnati da frittelle di frumento, cotte nello strutto bollente. Con l’ascesa dell’Imperatore Teodosio II, che proibì qualsiasi culto pagano, non furono più celebrate le Liberalia. Ma è probabile che nel tempo siano state assimilate ugualmente dal cattolicesimo che fissò due giorni più tardi la festa di San Giuseppe (divenuta poi festa del papà nel 1968). Le zeppole che oggi portano il nome del Santo, altro non sarebbero, quindi che le discendenti delle antiche frittelle romane.
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